Notizie su Julia, la prescelta dalla Vergine, e i suoi familiari Ecco quello che Julia, dietro mia richiesta, ha scritto nel suo secondo diario, cominciato nel gennaio del 1987:«Scrivo questo diario guardando alla mia vita passata, che non è stata né lunga, né corta.

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Notizie su Julia, la prescelta dalla Vergine, e i suoi familiari Ecco quello che Julia, dietro mia richiesta, ha scritto nel suo secondo diario, cominciato nel gennaio del 1987:«Scrivo questo diario guardando alla mia vita passata, che non è stata né lunga, né corta.

 

Questo passato, in cui tutto mi accadeva in maniera imprevedibile e du­rante il quale ho riso, ho pianto, mi sono adirata per motivi puramente uma­ni, ora lo trovo insignificante.Mi era difficile capire il senso della vita.Fino all’età di quattro anni sono vissuta felice in seno ad una famiglia molto unita: mio padre, maestro di scuola a Kwangju mia madre, una sorellina nata due

anni dopo di me e mio nonno.La sventura colpì la mia famiglia quando si scatenò la guerra di Corea, il 25 giugno 1950. All’arrivo delle truppe comuniste, ci demmo tutti alla fuga. Mio padre e mio nonno caddero prigionieri dei comunisti; non ritor­narono più e non ne abbiamo mai più avuto notizia. Sono stati uccisi? So­no stati deportati nella Corea del Nord?

Dall’età di quattro anni in poi, la mia vita non è stata che un susseguirsi di lacrime. Ero una timida, un’isolata, una creatura infelice, che non riu­sciva a trovare la sua libertà e una sua propria volontà. Il cielo era buio; mi sentivo sola, e vagavo senza sosta per la nostra casa di campagna, in­vocando il padre che avevo perduto.Le tenebre erano forse le mie sole amiche e il pianto era l’unico riposo che mi consolasse.Quando la mia sorellina morì, all’età di tre anni, rimasi sola con mia madre. Non ci furono risparmiate né le difficoltà, né le sofferenze. Partimmo e andammo a vivere insieme a Kwangju.Mia madre lavorò con grande coraggio per permettermi di continuare gli studi alle Scuole Medie, che completai all’età di diciotto anni.Nel 1971, quando avevo 25 anni, sposai Julio. Ci sono nati quattro figli.Adesso, cioè nel 1988, la nostra figlia maggiore, Rosa, ha diciotto an­ni. È studentessa dell’ultimo anno delle Medie Superiori (High School). Tommaso ha sedici anni e frequenta il primo anno delle Superiori. Teresa, di dodici anni, ha cominciato a frequentare le Medie Inferiori; e l’ultimo, Filippo, che ha dieci anni, fa la quarta elementare».

A questo punto, vi riassumo in breve quanto è scritto in questo secondo diario.

Sposa e madre ancora giovanissima, Julia cominciò ad essere afflitta da varie malattie. Fu più volte ricoverata e poi rimandata a casa, dove, a detta dei medici, non le restava che attendere la morte.Ma Julia persisteva nel volersi curare per poter aiutare la madre e per non abbandonare i suoi quattro bimbi ancora piccini. Ricordava quanto aveva sofferto per la mancanza di suo padre, che le era stato strappato dai comunisti.Tuttavia, ad un certo punto, finì per rendersi conto che per lei ormai non c’era più speranza. Infatti scrive: «… i dottori erano del parere che non c’e­ra più niente da fare. Tuttavia fecero tutto quanto era in loro potere per aiu­tarmi, ma invano. A questo punto, mi ero rassegnata a morire». Più avan­ti, scrive ancora: «Avevo persino preparato del cianuro di potassio e un te­stamento destinato a colei che sarebbe diventata la seconda moglie di mio marito. Fu allora che, per mezzo di mio marito, il buon Dio mi chiamò alla Chiesa».Julia aveva prima tentato di ricorrere a certi «mezzi legati alla super­stizione». Ma vi rinunciò subito, rendendosi conto che non era quella la via da seguire. Frequentò anche per qualche tempo la Chiesa protestante, ma neanche questa la soddisfece. Cominciò allora a seguire, insieme al mari­to e ai figli, dei corsi di catechismo seguendo il consiglio di una parente; si era prima consultata con un sacerdote coreano, che aveva fama di persona eccellente.Julia gli disse: «Se Dio esiste, è troppo crudele con me. Che ho fatto per dover bere questo calice così amaro? (Nel parlare di calice amaro, ella intendeva la morte, ma dagli altri fu interpretato come calice della sofferenza). Il padre le rispose: «Ma non sai che la grazia della sofferenza è ancora più grande della grazia della salute? Tu l’hai ricevuta nel tuo corpo malato. Io stesso non ho avuto la fortuna di una tale grazia. Devi credermi». Queste pa­role venivano, per la bocca del padre, dallo Spirito Santo. Julia prosegue: «In quello stesso istante sentii il mio corpo gelato diventare caldo e sudai copiosamente. Credetti al padre e comprai tutto quello che ritenevo necessa­rio per poter pregare la santa Vergine: un velo per il capo, un crocifisso da appendere sopra la sua statua, e due ceri da accendervi davanti. Lo feci sen­za neanche capire che cosa stessero a significare i ceri e il velo.

Tre giorni dopo essermi incontrata col prete, ebbi un sogno, o meglio, udii soltanto una voce che mi diceva: “Accostati alla Bibbia; in verità, le parole della Bibbia sono le mie parole viventi”. Mi svegliai: erano le tre del mattino. Aprii il libro a caso, e mi capitò sotto gli occhi il racconto del­l’emorroissa. La donna era stata guarita in virtù della sua grande fede. Si era detta: “Se riuscirò solo a toccare la sua veste, sarò guarita”. E Gesù le aveva detto: “Figlia, la tua fede ti ha salvata; va’ in pace”. Credetti a quel­le parole di Gesù, poiché mi sembrò che fossero state rivolte anche a me. E infatti, secondo la sua parola, io, benché fossi appena una catecumena, fui completamente sanata.

Per darmi la sua luce, Dio mi ha chiamata a servirlo proprio quando le mie funzioni vitali stavano definitivamente per cessare e mi ha reso la salute.Mio marito ne fu felicissimo; per lui, sua moglie era stata risuscitata. Fu per questo che mi portò a fare un viaggio, dicendo che si trattava di un secondo viaggio di nozze.Potemmo anche aprire un salone di parrucchiere, mentre prima non ave­vamo neanche i mezzi per prendere in affitto una stanza.È stato il Signore che ci ha visitati, elargendoci molto più di quanto avremmo potuto sperare…».

«Sono sempre stata dalla parte dei deboli. La nostra casa era chiamata l’alloggio dei mendicanti e dei venditori ambulanti. A volte, davo loro da mangiare a costo di privarmene io stessa. La gente mi chiamava “angelo” o “fata”. Penso che il buon Dio mi abbia salvata perché sapeva che la mia vita era rivolta al bene.

Ed è stato in queste circostanze che Dio ha stabilito un rapporto fra lui e me. Gli avevo chiesto di farmi crescere spiritualmente, e fu così che al­le tre del mattino ebbe inizio un dialogo fra Dio e me. Io non facevo che ripetere: “Signore, perdona questa peccatrice…”. Sentii allora una voce che veniva dal cielo. Era la stessa voce che avevo udita tre giorni prima. Per tre volte la voce ripeté: “Ecco aperta la porta del cielo”. E quando io, pic­cola anima, gli ebbi risposto due volte: “Signore, apri ancora di più il mio cuore”, il cielo cominciò improvvisamente ad aprirsi. Il velo nero si dissi­pò e apparve la luce.Nell’aprile del 1982, avevo offerto di nuovo le mie sofferenze al Si­gnore. Gli avevo detto: “Signore, anche se le malattie fanno soffrire il mio corpo così vile, sarei talmente felice se potessero servire, non fosse che ap­pena un poco, ai tuoi disegni!”.

Fu da quel momento che le sofferenze cominciarono a poco a poco ad as­salirmi, e che Gesù mi fece vedere, in varie occasioni, il suo Cuore aperto. Un’altra volta, mentre mi trovavo nella Casa di ritiro delle suore del Piccolo Fiore, (1) In Corea, santa Teresa di Lisieux viene chiamata «Il Piccolo Fiore».

alle tre del mattino mi apparve Gesù col petto aperto: il suo Cuore dilaniato sanguinava. Ho gridato: “Signore, che posso fare per il tuo Cuore straziato?”. Il Signore mi ha risposto: “Ogni volta che i pec­catori commettono una colpa, un lembo del mio Cuore si strappa. Almeno tu, che mi conosci, non dovresti riparare il mio Cuore così dilaniato?”. “Sì, Signore, riparerò il tuo Cuore”.Dopo questo fatto, fui ricoverata varie volte in ospedale.

Ogni volta, Gesù mi fece la grazia di non soffrire unicamente in modo umano; meditavo continuamente sui sette dolori della Vergine.Poi, nel maggio del 1985, dovetti prepararmi di nuovo alla morte.E mentre passavo da un ospedale all’altro, offrivo sempre le mie soffe­renze per la conversione dei peccatori. Mi alzavo alle cinque per meditare sulle cinque piaghe di Gesù e sui sette dolori della Vergine, e continuavo così fino alle sette. La mia vita di preghiera continuava anche negli ospe­dali. Accendevo anche due ceri per supplicare il Signore di degnarsi di il­luminare i peccatori.

Quando uscii per l’ultima volta dall’ospedale, dovevo far uso di un ap­parecchio respiratorio che mi opprimeva il petto e mi rendeva penoso re­spirare.Quando ero entrata in ospedale, riuscivo ancora a mangiare il riso, ma allorché ne uscii, non ce la facevo neanche a inghiottire il brodo di miglio filtrato. Eppure è stato proprio allora, durante le mie sofferenze, che ho of­ferto un maggior numero di preghiere e di sacrifici.

Dovevo ringraziare il buon Dio anche se mi richiamava a sé. I miei fi­gli erano cresciuti; avevano messo da parte qualche soldo… Di che cosa potevo aver paura, se seguivo la volontà di Dio? Per offrirmi quale sacri­ficio e con spirito di penitenza, dicevo: “Nella vita come nella morte, ap­partengo al Signore”.Il 29 giugno 1985 andai in autobus, con alcune cristiane della parroc­chia, al villaggio “Kkot Tongnai” (Villaggio dei Fiori)».

In questo villaggio, un prete coreano accoglie i mendicanti senza al­loggio o malati, gli handicappati abbandonati, gli emarginati più disereda­ti; tutto è gratuito. Nel 1987 questo prete aveva già raccolto più di 900 bi­sognosi. Molte persone, sia cristiani che non, vi si recano o aiutano questa opera.Julia mi ha raccontato personalmente che lei e le sue compagne erano rimaste molto commosse e impressionate, durante la loro visita al Villag­gio dei Fiori, nel vedere tanta infelicità. Nel visitare le camere dei malati, Julia cercava di prestare quel poco di aiuto che poteva, poiché in ognuno di essi vedeva Gesù.

Julia scrive: «Rientrai a Naju verso le 23,30 del 30 giugno… Recitai il Rosario per la conversione dei peccatori e per la comunità dei poveri del Villaggio dei Fiori.Mentre dicevo: “Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte. Amen”, feci un “Oh!” di meraviglia. Nel guardare gli occhi e le gote della statua della Vergine, avevo visto co­lare delle lacrime. Non sapevo se si trattasse di gocce di acqua o di lacri­me. Profondamente turbata, svegliai mio marito che si era appena addor­mentato; era quasi mezzanotte. Per essere ben certi, riguardammo insieme e constatammo che erano proprio lacrime».

Il 1° luglio 1985 Julia scrive: «Mi alzai verso le sei e andai subito a ve­dere la statua. L’acqua santa con cui l’avevo aspersa era completamente scomparsa. Le lacrime, che la sera prima colavano dall’occhio sinistro, ora sgorgavano da entrambi gli occhi. Perplessi da questo fatto straordinario, mio marito ed io recitammo le nostre preghiere. Chiedevamo insistente­mente alla Vergine di spiegarci il motivo del suo pianto».La Vergine continuò a piangere anche nei giorni seguenti. Il giovedì 4 luglio, Julia scrive: «Al mattino mi alzai e tornai a guardare. La Vergine piangeva ancora. Prima di andare al lavoro, mio marito Julio mi disse: “Per ora, non devi dirlo ad anima viva”. E mi raccomandò di pregare con fervore.

A partire dalle nove e mezzo, cominciai a sentirmi in preda ad una sen­sazione straordinaria (come quella che ebbi durante le assemblee del Rin­novamento Carismatico). A un certo punto non fui più capace di resistere e telefonai alle suore della parrocchia. Non rispose nessuno. Allora telefo­nai in canonica, ma inutilmente…

Nel frattempo, erano arrivati da me alcuni membri di un “praesidium” della Legione di Maria. Recitammo insieme il Rosario davanti alla statua che versava lacrime. Li pregai di non farne parola con alcuno. Mi rispose­ro che non c’era alcun motivo di tenere nascosto il fatto. Io insistetti e ten­tai di nuovo di mettermi in contatto telefonico con le suore; ma non rispo­se nessuno.

Al mio ritorno da una visita ad alcuni malati, appresi che durante la mia assenza era venuta parecchia gente, alcuni addirittura dalla città di Kwangju».

Da quel momento, gli eventi precipitarono: accorsero cattolici, prote­stanti e persone non cristiane.

Le strade erano affollate… venne istituito un servizio d’ordine. L’attivi­tà nel salone di parrucchiere si disorganizzò, con grande irritazione delle pettinatrici che non riuscivano più a portare a termine il loro lavoro.

I visitatori potevano trattenersi davanti alla statua appena il tempo ne­cessario per recitare una posta del Rosario. La stanza dove si trovava la statua era sempre affollata… Le lacrime continuavano a colare anche di not­te, e le file di visitatori non avevano tregua. Julia e la sua famiglia non sa­pevano più dove rifugiarsi, e dormivano dove potevano. La loro vita era totalmente sconvolta: i bambini non sanno dove studiare, né dove fare i compiti. Non esisteva più un orario per i pasti. Julio, buono com’è, accet­tava senza fiatare; e così pure i ragazzi.

In passato, nel vedere che la moglie si dedicava alle opere della par­rocchia, Julio le aveva detto: “Ti cedo al 50% al Signore”. Poi, quando vi­de la statua che piangeva e Julia che veniva letteralmente accaparrata dal­la folla dei visitatori, le disse: “A questo punto, ti dono al 100% alla Ver­gine”. E da quel giorno non è mai venuto meno alla sua parola e si è de­dicato anche lui al suo servizio, eccezion fatta per le ore di lavoro.

Dal 18 luglio in poi, Mia riceverà parecchi messaggi dalla Vergine. So­no tutti trascritti in questo libro. La domenica del Corpus Domini, 5 giu­gno 1988, sarà Gesù stesso a comunicare un suo messaggio a Julia.

I diari di Mia svelano la sua personalità e l’azione rapida e profonda della Vergine sulla sua anima e su tutta la sua vita. Julia comprende molto presto che deve diventare piccola: una piccola anima.

La Vergine le indica la via dell’infanzia spirituale, quella di santa Tere­sa di Lisieux. Le insegna che le nostre azioni, le nostre sofferenze, le no­stre penitenze, le nostre preghiere, i nostri digiuni, offerti con amore e umil­tà a Dio e a Lei stessa, hanno un valore di redenzione per le anime.

Le dice di obbedire sempre, anche ai suoi inferiori. E le assicura che lei è al colmo della gioia quando la vede accettare anche le più piccole soffe­renze.

Sì, la Vergine le chiede spesso di unirsi alle sofferenze che le infliggo­no i peccati di tutti gli uomini, specialmente quelli causati dall’assassinio, su scala mondiale, di milioni e milioni di bambini; quelli causati dal rifiu­to di Dio, di Gesù, Salvatore Crocifisso; quelli causati dal disprezzo da cui Lei stessa (la Vergine) è circondata, dall’odio, dall’orgoglio, dalla cupidi­gia, dalla lussuria, dall’ingiustizia…

La Vergine vuole salvare a qualsiasi prezzo, insieme a suo figlio Gesù, il maggior numero possibile dei suoi figli. Le sue lacrime ci testimoniano il suo dolore e quello di Dio. Ha detto a Julia: «Sono una mendicante, aiu­tatemi».

Nella biografia di Marthe Robin leggiamo che la Vergine le ha confida­to che la Chiesa avrebbe progredito, in avvenire, per opera dei laici con­sacrati.

E’ stato così in Corea durante i due secoli di presenza della Chiesa di questa regione, ed è così anche al giorno d’oggi, particolarmente a Na­ju, dove la Vergine piange. La famiglia di Julio e Julia, la madre di lei, Pak Lubino, che nel 1984 aveva regalato la statua agli sposi, e molte altre per­sone sono ogni giorno al servizio della Vergine e si dedicano senza sosta all’assistenza dei pellegrini.

Molti vengono a cercare l’amore di Dio che hanno perduto… Quante conversioni! Quante guarigioni di anime e, a volte, anche di corpi!

Noi sacerdoti, predichiamo e rimettiamo i peccati a chi si accosta al con­fessionale.

A Naju, laici ferventi vedono un incessante affluire di persone che ven­gono per esprimere alla Vergine tutto il loro amore e la loro riconoscenza; vedono affluire gente che vuole rifugiarsi nel suo Cuore misericordioso e materno per trovarvi una nuova pace del cuore, il perdono, la forza per se­guire di nuovo Gesù.

E Julia, in preda a terribili sofferenze, rimane sempre aperta e acco­gliente per tutti.

Sono stato testimone delle sue estasi, durante le quali ha sperimentato le atrocità della crocifissione.

Il 19 ottobre 1987 era il primo anniversario delle lacrime di sangue. Do­po una Messa celebrata davanti alla statua, Julia cadde in estasi per un’o­ra e venti minuti e subì per la prima volta i patimenti della passione. Una stimmata con gocce di sangue comparve sul suo piede destro.

Il 29 gennaio 1988 Julia sperimentò ancora una volta, durante un’esta­si, le torture della Passione. Quella volta le stimmate comparvero nel pal­mo di entrambe le mani e versarono sangue. Quelle indicibili sofferenze durarono più di un’ora.

Il 4 febbraio, dopo una Messa celebrata davanti alla statua, Julia cadde len­tamente riversa all’indietro ed entrò in estasi. Erano le 11,40; venti minuti più tardi, cacciò all’improvviso un urlo lacerante: di colpo, il suo corpo assunse la forma e la posizione di Gesù Cristo in croce. La Vergine aveva chiesto a Julia se accettava di condividere i dolori di suo Figlio; e Julia aveva accettato.

Lo spettacolo di quegli atroci dolori era insostenibile; i presenti non po­terono trattenere le lacrime. Presi leggermente fra le mie la mano destra di Julia. Dalle stimmate delle due mani colava sangue. Supplicai la Vergine di avere pietà di lei; chiesi alla Vergine di permettermi di condividere le sofferenze di Julia per darle un po’di sollievo. Poi impartii la benedizione a Julia e le sue sofferenze cessarono. Dopo qualche istante, ella aprì lenta­mente gli occhi…

Fino a quel giorno, era stata la Vergine a ricordarci insistentemente le sofferenze di Gesù e le proprie. Ci aveva indicato la via per tornare a Dio, per santificarci, per partecipare all’opera della redenzione: unendoci a Lei e a Gesù per salvare tutti i nostri fratelli e sorelle.

Domenica 5 giugno 1988, in occasione della solennità del Corpus Do­mini, fu Gesù stesso ad apparire a Julia. Benché soffrisse atrocemente, el­la si era fatta portare in chiesa per assistere alla Messa della sera. Appena ebbe ricevuto la sacra particola, Julia si sentì riempire la bocca da un fiot­to di sangue… Entrò in estasi, vide Gesù inchiodato alla croce, col sangue che colava… E Gesù le comunicò un lungo e importante messaggio. Alla fine del messaggio, Gesù staccò il braccio destro dalla croce e impartì la sua benedizione a Julia. Ella si fece il segno della croce, aprì gli occhi… e vide il parroco che impartiva la benedizione finale della Messa. Le perso­ne che avevano assistito all’estasi di Julia rimasero sbalordite e provarono un senso di grande gioia.

I cristiani della parrocchia hanno grande stima di Julia, di suo marito e dei loro figli. Molti di loro vengono volontariamente ad aiutarli nel loro apostolato, nella manutenzione dei locali, ecc.

Sia l’ex-parroco, padre Johan Pak Hi-dong, sia il parroco attuale, padre Lee Lazzaro, i quali hanno visto spesso le lacrime della Vergine, aiutano con sollecitudine e affetto Julia e suo marito nella missione affidata loro dalla Vergine Maria.

Che cosa ci riserva l’avvenire?…

Dopo aver scritto queste parole, avevo apposto la mia firma e la data: 30 giugno 1988.

Speravo di poter pubblicare subito i messaggi dati dalla Vergine fino a quel giorno. Ma tutto sembrava complottare perché la Vergine rimanesse nel dimenticatoio dove è stata relegata da una fede gelida e razionalista.

Passavano i giorni… Intanto i messaggi, pubblicati in lingua coreana, si diffondevano (oggi siamo arrivati a 290.000 esemplari). I pellegrini, preti, religiosi e cristiani, venivano a pregare davanti alla statua. Nel 1988, ne so­no stati registrati più di 16.000, ma questa cifra non rappresenta che un ter­zo del numero effettivo, a quanto ci dice la persona che ha tenuto aggior­nate le statistiche.

Julia, intanto, continuava a patire atroci sofferenze, soprattutto quelle che la Vergine le chiedeva di accettare per salvare le anime responsabili dei massacri di creature ancora in seno alla madre (vedi i messaggi del 24, 27, 29 luglio 1988).

I giorni passavano, la Vergine non versava più nessuna lacrima…

La traduzione in francese dei messaggi veniva effettuata a poco a poco. Era un’impresa lunga e laboriosa. Gli specialisti classificano infatti il co­reano fra le due o tre lingue più difficili del mondo.

In novembre, Julia e il marito si recarono in Giappone. Si erano uniti ad un gruppo di pellegrini che andavano ad Akita per venerare la Vergine. Ad Akita, infatti, presso una comunità di suore giapponesi, una statua di legno aveva versato per 101 volte lacrime, sia naturali che di sangue. Il vescovo mons. Ito ne constatò la veridicità e autorizzò ufficialmente la venerazione della statua, in quanto la Vergine se ne era servita per manifestare il suo do­lore. L’autorizzazione fu accordata il 22 aprile 1984, in occasione della pa­squa. In Giappone, Julia ricevette un messaggio: quello del 6 novembre.

L’8 dicembre si approssimava; dal 24 maggio (festa di Maria Ausilia­trice) non vi era stata più nessuna lacrima. Ma la Vergine non aveva detto «Addio»; sentivamo che aveva ancora «tante cose» da dirci.

Arrivò l’8 dicembre… Faceva tornare in mente l’indimenticabile 8 di­cembre 1987, passato come nell’isolamento, lontano dalle solenni cerimo­nie liturgiche ufficiali; ma fu accanto alla Vergine, che piangeva di conti­nuo, che sentimmo vicinissimo a noi tutto il «Cielo invisibile». L’emozio­ne era calma, ma intensa, ed è rimasta indimenticabile.

Anch’io aspettavo, speravo… La Vergine ci avrebbe rivolto ancora un appello? Lo fece. Julia mi telefonò, quell’8 dicembre 1988, per dirmi: «Pa­dre, la Vergine versa lacrime di sangue che colano fino alla base della sta­tua… Ho avvertito il parroco, che è subito accorso. C’è stato un messag­gio…».

La Vergine pianse per quattro giorni: lacrime di sangue e lacrime nor­mali.

Domenica 8 gennaio 1989, festa dell’Epifanìa: si ebbero lacrime di san­gue e un messaggio.

Venerdì 27 gennaio, Julia andò in estasi dalle 22,50 alle 23,50 e patì le sofferenze della croce per circa trenta minuti.

Sabato 28 gennaio Julia e il marito Julio vennero ad Anyang per discu­tere con me di vari problemi. Dopo alcuni scambi di idee, mi venne in men­te che dovevo preparare Julia ad una possibile nuova forma di sofferenza, e cioè gli assalti, i tormenti, le sevizie di Satana.

Da casa mia, gli sposi si recarono a Mirinae, noto luogo di pellegri­naggio, dove sarebbero stati ospiti delle suore della Congregazione del cuo­re di Maria.

E fu lì che il giorno seguente, cioè il 29 gennaio, Julia subì un terribi­le e lungo assalto di Satana, e quindi ricevette le 5 stimmate e le 6 piaghe in fronte (i dettagli sono riferiti nei due messaggi del 29 gennaio).

La mattina del 29, una suora di Mirinae mi telefonò per mettermi al cor­rente di quello che era successo a Julia, pregandomi di andare da lei. Arri­vai da Julia verso le 14,40 e le potei parlare per qualche minuto; era a let­to. Il marito mi fece vedere le sue nuove piaghe e i segni dei graffi di Sa­tana (vedi i due messaggi del 29 gennaio). Verso le 14,50 Julia entrò a po­co a poco in estasi; alle 15,00 patì per la seconda volta le sofferenze della croce.

Intanto Satana continuava i suoi assalti contro di lei.

Il 23 febbraio la Vergine comunicò un ulteriore messaggio, ma non ver­sò lacrime.

Scrivo queste righe dopo aver terminato la traduzione di questo mes­saggio.

Mentre scrivo, Julia si trova in ospedale, dove è stata operata in segui­to alle atroci torture subite senza posa.

Suo marito, sempre buono, mite, paziente e coraggioso, accetta a nome suo e di sua moglie tutto quello che la santa Vergine domanda.

Che cosa ci riserva in futuro la Vergine? E che altro ancora ci dirà? Uno dei miei più affabili e ferventi amici sacerdoti mi ha appena scrit­to: «Tienimi al corrente: voglio consolare la Vergine».

Possano tutti coloro che leggeranno questi messaggi e li mediteranno, diventare i consolatori affettuosi e filiali della Vergine!

Raymond Spies Anyang, 19 marzo 1989 festa di s. Giuseppe

 

Cronaca degli avvenimenti

Le lacrime cominciarono a scorrere il 30 giugno 1985. Presso chi? Do­ve? Nella casa dei coniugi Julio (Kim Man-Bok) e Julia (Youn Hong-Son), che abitano nella città di Naju, a circa 350 km a sud-ovest di Séoul.

Le lacrime colarono quasi senza interruzione per circa due mesi e mez­zo. I visitatori affluivano, provenienti da ogni parte: centinaia al giorno; più volte, durante le prime settimane, ve ne furono fino a tremila: cattolici, pro­testanti, non-cristiani, sacerdoti, religiosi e religiose.

L’Arcivescovo del luogo (Archidiocesi di Kwangju) fu informato.

In seguito, le lacrime colarono ad intermittenza, specialmente nei gior­ni di festa della Madonna.

Le prime lacrime di sangue si ebbero dal 19 al 21 ottobre 1986. Le la­crime più dolorose, infinitamente tristi a vedersi, scorsero il 15 ottobre 1986.

La figlia più giovane di Julia, Teresa, allora di 9 anni, fu la prima a ve­dere le lacrime di sangue. Spaventata, lei chiamò subito la mamma. In quel momento, e già da qualche tempo, Julia soffriva terribilmente agli occhi. Aveva la sensazione che degli aghi si piantassero nei suoi occhi. L’oculi­sta, consultato ripetutamente, non giunse a stabilire una diagnosi.

Il parroco della parrocchia di Naju fu spesso testimone delle lacrime. I sacerdoti coreani del distretto rimasero, per lo più, indifferenti. Alla riu­nione dei sacerdoti del distretto, tenuta nella canonica di Naju, essi disse­ro al parroco che mostrava loro le fotografie a colori delle lacrime di san­gue: «Metti la statua nella tua stanza e si vedrà se essa piangerà ancora!».

Allorché Julia mi riferì questa frase, pensai a quella detta dai nemici di Gesù sul Golgota: «Discendi… e noi crederemo in te».

Il parroco pregò Julia «di cancellare» le lacrime di sangue con un lino bianco; col cuore straziato, lei supplicò la Vergine, che le disse: «Obbe­disci».

Il 5 novembre 1986, la statua fu posta nella stanza del parroco. Il 14 gennaio 1987, in occasione della mia prima visita in Corea, dissi… dolce­mente al parroco, mostrandogli la statua e Julia: «Padre, mandate di tanto in tanto la «Madre» a sua «figlia». Lei è venuta per essa e non piangerà in canonica». Il parroco mi rispose con tono allegro, indicandomi Julia con la mano: «Sì, quando lei lo vorrà».

Il 2 febbraio successivo la statua lasciò il suo posto d’esilio per rien­trare «a casa sua», nell’appartamento dei coniugi Julio e Julia. Essa non aveva versato una sola lacrima durante i tre mesi. Aveva sopportato il suo esilio senza raccogliere la sfida.

Rientrata «a casa sua», poco dopo ricominciò a versare lacrime: lacri­me naturali, lacrime di sangue. Questo a più riprese fino al 25 aprile 1987. In quel giorno la Vergine pianse per ore, prima lacrime naturali, poi lacri­me di sangue. Queste ultime colarono fino alla base della statua. Ci fu un messaggio per tutti i Sacerdoti.

A partire dal maggio 1987, la statua cominciò a spostarsi da sola, in certi giorni, portandosi avanti fino al bordo della sua nicchia, poi tornando al cen­tro, al suo solito posto… Numerosi visitatori hanno visto questo fenomeno.

In seguito, la Vergine continuò a versare lacrime ad intervalli.

Il 28 agosto 1987 io vidi per la prima volta le lacrime e ne sono il pri­mo testimone; accadde alle feste di s. Monica e di s. Agostino, e anche il giorno seguente, il 29 agosto, memoria della Decapitazione di s. Giovanni Battista. Scorsero lacrime di sangue anche nella festa dei Sette Dolori del­la Vergine Maria.

Il 19 ottobre, primo anniversario delle lacrime di sangue, la Vergine ver­sò lacrime ordinarie per parecchie ore. Julia entrò in estasi, subì grandi sof­ferenze; era presente un sacerdote, il suo anziano parroco, padre Johan Pak Hi-Dong.

Festa dell’Immacolata Concezione, 1987: io avevo invitato l’abate Re­né Laurentin, che giunse a Séoul il 7 dicembre, verso sera. Il giorno se­guente, l’8, insieme a una nostra ausiliaria, Dina, raggiungemmo Naju ver­so le 10. Ci fu Messa concelebrata. La Vergine, che non aveva più versato lacrime, ricominciò a versarne nel corso della messa. Al termine della gior­nata vi furono pure lacrime di sangue, che colarono fino alla base della sta­tua. L’abate Laurentin constatò il fatto delle lacrime. Egli firmò il registro dei testimoni; pregò davanti alla statua.

La statua lasciò definitivamente l’appartamento dei coniugi Julio e Ju­lia per raggiungere il suo domicilio definitivo, cioè una sala-cappella abbastanza grande costruita per accoglierla. A fianco fu costruita la nuova abi­tazione di Julio e Julia.

L’abate Laurentin scrisse un articolo sulla Vergine di Naju per la rivi­sta Chrétiens-Magazine (numero di gennaio-marzo 1988).

Questo 8 dicembre fu una giornata piena ed emozionante. Circa 500 persone erano venute da ogni angolo del Paese.

Le lacrime colarono fino al 26 dicembre incluso.

 

Nel 1988

La Vergine pianse dal 1 ° gennaio al 7 febbraio incluso: lacrime naturali. Ci furono tre messaggi durante il mese di gennaio. A Naju, il 29 gennaio, ci fu l’incontro di Julia con Teresa Hwang. Quest’ultima può essere detta la «visionaria-profetessa» (in senso buono) del Paese, a partire dal 1948.

Incontro con l’Arcivescovo di Kwangiu, mons. Victorino Youn.

Alla richiesta esplicita della Vergine, il parroco della parrocchia di Na­ju, padre Lazzaro Lee, contattò l’Arcivescovo.

In un messaggio la Vergine aveva chiesto che padre Lee ed io incon­trassimo l’Arcivescovo. La visita fu fissata per il 4 febbraio, alle ore 15,00. Io arrivai il 4 a Naju verso le 10,15; mi accompagnava Dina. Allorché entrammo nella sala della Vergine, vedemmo che la statua si era mossa fin sul davanti, verso sinistra, volta verso l’entrata donde noi venivamo. La statua aveva trascinato con sé pure la tovaglietta di pizzo posta sotto. Non c’era nessuno nella sala.

Durante 15 minuti, Dina e io potemmo vedere le lacrime che colavano senza sosta. Poco a poco arrivarono parecchie persone per assistere alla Messa che avrei celebrato. Per sapere ciò che accadde allora, basta legge­re il messaggio del 4 febbraio.

Julia aveva ancora le stimmate alle mani. Il sangue iniziò a colare al­l’inizio della Messa. Io avevo appena dato la benedizione finale che Julia lentamente cadde riversa ed entrò in estasi; erano le 11,40. Io mi posi al suo fianco; lei stava allungata sulla schiena, il volto tranquillo, le due braccia allungate sul fianco come quelle della statua della Vergine che piange.

Alle 12,00 precise Julia emise un grido lacerante e in un istante tutto il suo corpo, le sue braccia, le ginocchia, i piedi, la testa presero esattamen­te la posizione di Gesù crocifisso sulla croce. Julia restò «chiusa» nella sua estasi; emetteva delle grida repentine, prolungate e variate nella loro po­tenza ed acutezza. Io non avevo mai sentito nulla di così atrocemente do­loroso. Queste grida si protraevano per 2-3 (4?) minuti, poi la voce si ar­restava per qualche istante; questo durò 25 minuti. Con me vi erano due religiose coreane, parecchie donne e uomini e tre ragazze. Tutti piangeva­no, senza far rumore, ed anch’io.

lo mi sentivo così male al cuore che domandai alla Vergine che questa sofferenza fosse condivisa anche da me. Diedi allora, con la mano, una be­nedizione. Julia si arrestò un istante, dopo aver emesso grida atroci, ripre­se il suo volto calmo e qualche secondo dopo aprì lentamente gli occhi.

Nel messaggio che allora Julia ricevette, la Vergine le disse che fu a causa della mia pietà e della mia benedizione che le sue sofferenze erano state accorciate.

Alle 15,00 il parroco di Naju ed io eravamo nell’ufficio dell’Arcive­scovo. Parlammo per oltre un’ora e mezza; l’Arcivescovo mostrò molto in­teresse, comprensione e… compassione. Mi fece numerose domande su questo genere di fenomeni.

Io procurai all’Arcivescovo tutta la documentazione che avevo già po­tuto raccogliere: copie dei diari di Julia, fotografie, testi dei messaggi, re­gistrazioni filmate…

Passano i mesi: febbraio, marzo, aprile; maggio era verso la fine: più nessuna lacrima, nessun messaggio; un silenzio prolungato, una lunga as­senza della Vergine…

Fu allora che una benefattrice e amica della nostra Opera giunse a Séoul: la ig.ra Marie-Rose Touret, di Bruxelles. Da febbraio lei mi aiuta­va a redigere il testo francese dei messaggi della Vergine di Naju.

Insieme raggiungemmo Naju il 20 maggio. Vi ritornammo il sabato 21; appena giunti, ci dissero: «La Vergine piange»; aveva ricominciato a pian­gere alle 10,20, l’ora in cui avevamo preso l’autobus a Kwangju per Naju. Due religiose, una francese e una italiana, ci accompagnavano; entrambe missionarie e suore Oblate dell’Assunzione.

Le lacrime colarono fino al 24 maggio incluso.

La domenica 5 giugno, festa della ss.Trinità, in chiesa, dopo la comu­nione, Julia cadde in estasi, vide Gesù sulla croce a fianco dell’altare. «II sangue colava in maniera orribile a vedersi», scriverà Julia. Questa volta è Gesù che dà un messaggio a Julia; era la prima volta.

In luglio ci furono tre messaggi. La Vergine parlò soprattutto degli abor­ti. Julia subì, a più riprese, i «dolori spaventosi che provano gli embrioni, allorché li si massacra nel grembo della loro madre». Sofferenze sopporta­te per ottenere da Dio il pentimento degli operatori di questi massacri.

I mesi passarono…

In novembre Julia e Julio parteciparono a un pellegrinaggio di una qua­rantina di coreani, che andavano ad Akita in Giappone. Ivi, presso delle re­ligiose giapponesi, una statua di legno della Vergine versò 101 volte lacri­me naturali e di sangue. Julia poté salutare mons. Ito, allora a riposo, che nel 1984 aveva autorizzato «la venerazione della Santa Madre di Akita». Julia gli consegnò una grande fotografia, incorniciata, della Vergine di Na­ju, che aveva versato lacrime di sangue il 23 aprile 1987, giorno in cui la Vergine trasmise un messaggio speciale per i sacerdoti.

Il 6 novembre, a Tokyo, nel corso di una santa Messa concelebrata dal cardinale di Corea e da altri sacerdoti che accompagnavano il pellegrinag­gio, Julia ebbe un’apparizione della Vergine che le diede un messaggio.

E passò ancora un mese… Non vi erano state più lacrime dal 25 mag­gio precedente.

Arrivò 1’8 dicembre 1988 con la sua bella festa dell’Immacolata Con­cezione. Da qualche giorno io pensavo: «In questo giorno ci mostrerà la Vergine le sue sofferenze?». Poco prima di mezzogiorno ricevetti una te­lefonata da Naju: «Verso le 10,20 la Vergine versa lacrime di sangue… Ju­lia, poco dopo, recitando il Rosario davanti alla statua cade in estasi. Si av­verte il parroco che viene tosto. Julia ha ricevuto un messaggio».

Nuove lacrime di sangue furono versate il 12 dicembre.

 

Nel 1989

Domenica 8 gennaio, festa dei Re Magi

Quattro uomini, responsabili della Legio Mariae nella loro diocesi, si trovavano già in preghiera davanti alla statua verso le 7 del mattino. Fini­te le preghiere, uno di loro si rese conto che la Vergine aveva versato lacrime di sangue e che le lacrime erano colate fino alla base della statua. Ju­lia, avvertita, venne, pregò, cadde in estasi e ricevette un messaggio im­portante. In questo messaggio la Vergine le pose questa domanda: «Cono­sci il diluvio di Noè e la torre di Babele?». Tre giorni dopo lei mi telefo­nò: «Padre, che cos’è la torre di Babele?». Io glielo spiegai; lo stesso per il diluvio di Noè. Durante il suo catecumenato, durato poco più di sei me­si, non aveva potuto sentir parlare di «cose già così lontane» e sperdute nel mezzo di tanti fatti storici.

Domenica 15 gennaio, un messaggio: ma niente lacrime.

Sabato 28 gennaio Julio e Julia vennero da me, per vedermi e spiegar­mi varie cose. Venendo da molto lontano, essi giunsero alle 16,15 e rima­sero con me fino alle 19,15.

Per richiesta della Vergine, espressa 1’8 dicembre, furono inviati al­l’Arcivescovo gli ultimi messaggi, copia dei diari di Julia e fotografie del­la Vergine che versa lacrime di sangue 1’8 e il 12 dicembre. Per questo mo­tivo, da qualche giorno, quest’ultimo si era informato presso il parroco del «movimento, della frequenza dei pellegrinaggi, della diffusione dei mes­saggi, dei risultati spirituali…».

A dire il vero, i risultati spirituali erano palpabili, numerosi, continui. I pellegrini venivano ininterrottamente da ogni parte del Paese.

La diffusione dei messaggi? Dietro richiesta di Julia, io avevo preso in mano questo laborioso compito. Per la prima volta uscì una brossura con le «prime notizie» e qualche messaggio: 65.000 esemplari, editi nel luglio 1987, vennero immessi in circolazione. Poi, a metà febbraio 1988, vengo­no distribuiti 30.000 esemplari, contenenti tutti i messaggi ricevuti fino ad allora. In maggio, la seconda edizione: 80.000 esemplari; all’inizio di ago­sto: 100.000!

In meno di due anni sono stati diffusi 360.000 esemplari. Essi furono distribuiti gratuitamente: la Vergine provvede a… tutte le spese!

Domenica 29 gennaio 1989

Come detto più sopra, i coniugi Mio e Julia erano venuti a vedermi per parlarmi di cose importanti. Julia sembrava molto stanca, il volto… gonfio. Verso la fine della conversazione Mia mi fece sapere che il 27 sera, verso le 22,50, era entrata in estasi ed aveva subito le sofferenze della crocifis­sione per circa 30 minuti. L’estasi era durata un’ora, fino alle 23,50.

Da casa mia, Julio e Julia vennero condotti a Mirinae, grande centro di pellegrinaggio nazionale e luogo dove le suore e i fratelli della Congrega­zione del cuore di Maria esercitano il loro apostolato. Vi si trovano pure i noviziati. Ogni settimana, tra il giovedì e il venerdì, vi è una messa per la conversione della Russia, della Cina e della Corea del Nord. Allorché il tempo lo consente, si celebra la Messa nel luogo detto Getsèmani, sul pen­dio della collina che sovrasta le abitazioni. Vi sono spesso fino a cento, duecento persone e più, che vengono da lontano.

Il 29 gennaio è giorno che richiama ricordi importanti per la Congre­gazione del cuore di Maria, fondata dietro richiesta esplicita della Vergine, tramite Hwang Teresa. Quest’ultima aveva invitato Julia ad andare a Miri­nae. Aveva invitato pure me.

Quel 29 gennaio richiamava il 29 gennaio 1988, giorno in cui Julia ebbe le stimmate sulle mani alla presenza di Teresa Hwang. Quest’ultima aveva an­nunciato che in quel 29 gennaio, lei (Teresa) avrebbe dovuto subire grandissi­me sofferenze e questo in stato di estasi, come il 29 gennaio 1987 e 1988.

Ciò si verificò per Teresa in due riprese; io potei vedere ciò che ella subì nel corso del pomeriggio.

Il mattino del 29 gennaio, verso le 8,30, una telefonata da Mirinae mi comunica: «Padre… dalle 4,00 circa del mattino alle 5,00 Julia ha subìto gli assalti di Satana che, vinto, si è vendicato facendo ribaltare il materas­so sottile dal basso in alto (cioè fece ripiegare i piedi, il corpo sulla testa). Satana ha afferrato Julia ai due lati del collo, del volto, alle mani e sopra i polsi. Poi ella, dopo essersi comunicata e restando distesa, entrò in estasi e subì le sofferenze della crocifissione: le apparvero in fronte sei ferite (co­me causate dalle spine) con sangue, le stimmate alle mani ed ai piedi, ed una al petto in forma di croce. Padre, venga…». Promisi che sarei andato dopo aver celebrato la Messa nella mia piccola parrocchia. Verso l’una, una vettura, inviata da Mirinae, venne a prelevarmi.

Verso le 14,40, mi trovavo inginocchiato all’orientale (seduto sui tac­chi) presso il letto di Julia. La chiamai dolcemente; lei apri gli occhi: il suo volto era ancora tutto spossato per le sofferenze subite.

Suo marito mi mostrò tutte le piaghe.

Erano presenti anche padre Francesco Chong, cofondatore della Con­gregazione del cuore di Maria, e padre Kim Ké-Tchoun Domenico, cap­pellano capo dell’esercito della Corea. Un buon numero di religiose e un gruppo di pellegrini erano riusciti ad entrare nella sala, abbastanza capace: circa 70 persone.

Verso le 14,50 Julia cominciò a muoversi, ad agitarsi come presa nuo­vamente dalle sofferenze. Tutto il suo corpo riprese la posizione di Gesù sulla croce. Julia entrò in estasi; io guardai l’orologio: erano le 15,01. Da­to che assumere ” la posizione della crocifissione” non aveva richiesto che un breve momento, si può dire che le sofferenze della crocifissione co­minciarono alle 15,00. Come era accaduto il 4 febbraio 1988, questa vol­ta si ripeterono i dolori atroci, le grida laceranti… Ad un certo momento Ju­lia gridò: «Non c’è nessuno che mi deporrà dalla croce?».

Si vedevano le piaghe alla testa, alle mani… (i piedi erano ricoperti da una leggera coperta, perché Julia aveva freddo).

Nessuno si muoveva né parlava nella sala; molti pregavano silenziosa­mente; tutti erano profondamente emozionati.

Si vedevano bene i «segni di Satana»: sette unghiate per lato ai due la­ti del collo, presso le mascelle; sei su ogni guancia; tre un po’ al di sopra dei polsi; cinque sul dorso delle mani; cinque sopra ad ogni piede. Il de­monio batteva sulle gambe, su tutto il corpo di Julia, la pestava…

Queste sofferenze durarono fino alle 15,35-15,40 circa. Poi Julia si gi­rò, con il petto e il ventre verso il basso; le sue braccia si posero dietro la schiena; i polsi sembrava fossero stati legati. Poco dopo cominciò ciò che si potrebbe chiamare una seduta, una scena di tortura. Talvolta la testa di Julia si alzava all’indietro, poi si riabbassava in avanti. Julia emetteva gri­da di un dolore insopportabile…

Penso di averla benedetta almeno due volte.

Hwang Teresa si trovava alla sinistra di Julia, Julio ed io alla destra. Più precisamente, io mi trovavo presso la testa.

Hwang Teresa disse: «Le sofferenze attuali di Julia sono quelle di san­t’Andrea Kim Tae-Kon» (1). Primo sacerdote coreano, martirizzato a Séoul il 16 settembre 1846. Egli ebbe la testa tagliata, do­po aver subito numerosi ed atroci supplizi; aveva appena 25 anni.

Tutte le sofferenze di Julia terminarono verso le 16,00, lasciandola an­simante.

In tre giorni aveva subìto tre volte la «crocifissione».

Diverrà lei la «Marta Robin» della Corea e per il mondo? Mia e suo marito fanno parte di quel «laicato consacrato» di cui parlò Marta Robin, che ripeteva che sarebbe stato per «i laici consacrati che la Chiesa avreb­be progredito».

In effetti, per l’esempio di Julia e di suo marito, così buono, e che l’ha offerta al 100% alla Vergine, tante e tante anime ritornano a Dio.

E l’Autorità ecclesiastica?

Padre Kim Ké-Tchoun Domenico, con cui io potei parlare a lungo, e che per la sua posizione e per il suo rango è in contatto diretto con l’epi­scopato, mi dice questo: «L’episcopato guarda: vi è chi è favorevole, chi è più o meno indifferente, chi per vana gloria (sic!) reagisce con i propri pen­sieri umani, quelli del mondo».

Come ho scritto più sopra, l’Arcivescovo dell’Archidiocesi di Kwang­ju, da cui dipende la città di Naju, ha sempre mostrato disposizioni bene­vole, favorevoli.

L’8 gennaio scorso, i quattro cristiani che erano stati i primi testimoni delle lacrime di sangue in quel giorno, erano andati nel pomeriggio a far visita all’Arcivescovo. Uno di essi era un suo buon amico; la sera cenaro­no tutti insieme con lui.

Essi fecero conoscere all’Arcivescovo «ciò che avevano visto» e insi­stettero perché, il più presto possibile, fosse accordata l’autorizzazio­ne ufficiale alla «venerazione», tramite la diocesi. L’Arcivescovo disse lo­ro fra l’altro che continuava ancora a «guardare» i fatti, la loro evoluzio­ne. Egli disse: «… per il momento io sto considerando i frutti…».

In effetti, assai recentemente, l’Arcivescovo aveva fatto un’inchiesta privata circa i coniugi Julio e Julia, la loro famiglia, i «fatti», l’organizza­zione, il comportamento dei pellegrini. L’inchiesta ha lodato il comporta­mento dei coniugi e «ciò che si faceva» nella sala della Vergine.

Il Cardinale di Corea mi aveva egli stesso contattato da Manila, il 6 di­cembre 1987, per dirmi che l’abate René Laurentin sarebbe arrivato a Séoul il 7 dicembre.

Oggi ho appreso che il Vescovo ausiliare di Séoul, mons. Paul Kim, ha nel suo ufficio la fotografia della Vergine di Naju, che io gli avevo inviato l’anno scorso.

Un altro vescovo, quello di Masan, mi ringraziò in due riprese per i li­bretti dei messaggi che io gli avevo inviato.

Anche il mio vescovo, mons. Angelo Kim, è favorevole. Egli è Presiden­te della Commissione episcopale. Egli stesso mi ha detto, nel gennaio 1988, che aveva risposto a dei vescovi che mostravano dell’opposizione: «Se noi impediamo alla gente di andare a Naju, Satana, avrà lui buon gioco».

Il vescovo di Inchon, missionario americano, parlò a lungo con me del­la Vergine di Naju. Egli me ne parlava con cuore e con interesse.

Al presente, la maggior parte dei sacerdoti dell’Arcidiocesi di Kwang­ju è ben disposta. Sono quelli della diocesi di Séoul che sembrano, in ap­parenza, non prestare attenzione agli appelli della Vergine di Naju. La Ver­gine ne parla nei suoi ultimi messaggi: «… molti miei figli sacerdoti non accettano i miei messaggi».

La Vergine basa la «divulgazione dei suoi messaggi» sulla preghiera, dicendo: «Pregate perché i miei messaggi si diffondano».

Nulla si fa senza amore. Dio interviene per mezzo di Gesù e Maria, se «noi paghiamo» per gli altri con il nostro amore, i nostri sacrifici, le nostre mortificazioni, i nostri digiuni.

La lettura e la meditazione dei messaggi faranno conoscere i desideri, gli appelli, le suppliche della Vergine. Essi sono un vero e proprio piccolo trattato di fede, di preghiera, di vita cristiana fervente.

Che cosa ci riserva l’avvenire? Come continuerà la Vergine, con le sue lacrime e i suoi messaggi, ad esserci così vicina?

Il «cielo tutto intero» è sempre ciò che è più vicino a noi.

 

5 febbraio 1989

Come ho scritto più sopra, mi recai a Naju il 4 febbraio 1988. La Ver­gine piangeva da un mese. Dopo la Messa da me celebrata, Julia entrò in estasi e subì le sofferenze della croce, con le stimmate alle due mani.

Ufficialmente, per la prima volta, ci fu l’incontro con l’Arcivescovo del­la diocesi. Esattamente un anno dopo questo incontro, il 5 febbraio 1989,

l’Arcivescovo convocò il parroco della parrocchia di Naju, padre Lazzaro Lee Chun-Su.

L’Arcivescovo volle interrogarlo sugli «ultimi recenti fatti» a riguardo delle lacrime, dei messaggi, di Julia, delle stimmate, dei pellegrinaggi, del numero dei sacerdoti, di religiosi, di cristiani che, nel corso del 1988, era­no venuti a pregare ai piedi della Vergine di Naju.

Egli manifestò grande interesse per tutte le informazioni ricevute. Fu sorpreso di sapere che un bel numero di sacerdoti del Paese erano venuti in pellegrinaggio.

Tra le riflessioni che egli fece al parroco, e che quest’ultimo trasmise a Julia, e Julia a me, vi sono le seguenti:

– lo credo fermamente alle lacrime.

– Io riconosco l’autenticità delle lacrime.

– Da parte di Julia non vi è stata deviazione.

– Continuate a tenermi al corrente, dandomi i messaggi, i diari di Julia, le registrazioni filmate…

Il parroco aveva fatto conoscere all’Arcivescovo gli ultimi fatti riguar­danti Julia: la tentazione di Satana, i suoi colpi, le sue unghiate; le due se­dute di sofferenze della croce, le stimmate, le sei piaghe sulla fronte del 29 gennaio. L’Arcivescovo ne fu impressionato.

Il parroco gli fece sentire una cassetta contenente i messaggi dati a par­tire dal 24 luglio 1988. Julia stessa ne aveva letto il contenuto. L’Arcive­scovo ne fu così soddisfatto che pregò il parroco di dargli la cassetta. L’Ar­civescovo chiese se si erano tenute aggiornate le statistiche.

Di tanto in tanto io avevo raccomandato a Julia di cercare di tenere ag­giornato, nei limiti del possibile, il registro dei visitatori. Le spiegai come fare, mostrandole che un giorno detto registro avrebbe avuto una grande importanza…

Il parroco, infatti, non poté dare una risposta precisa e s’informò pres­so Julia.

Quanti sacerdoti erano venuti a Naju nel 1988? Risposta: almeno 150! L’Arcivescovo fu sorpreso di questa cifra elevata. Le statistiche danno circa un migliaio di religiosi e religiose; il numero dei cristiani sale a cir­ca 15.600.

Tuttavia Pak Lubino, colui che aveva fatto dono della statua (che versa lacrime) ai coniugi Julio e Julia ed è ogni giorno «come l’apostolo della Vergine» presso i pellegrini, mi fece sapere che, per lui, le «cifre registra­te» non rappresentano che un terzo della realtà. In effetti, spesso fu im­possibile prender nota dei pellegrini che venivano…

E i pellegrini continuano a cercare la loro Madre, colei che mostra lo­ro la sua presenza, le sue angosce, i suoi dolori.

I libretti contenenti i messaggi dati fino ad oggi, saranno diffusi in tut­to il Paese, come è stato fatto negli ultimi due anni.

Per 1′ 11 febbraio scorso, festa di nostra Signora di Lourdes, procurai che una lettera, che riassumeva «i fatti» della Vergine di Naju, fosse inviata al Cardinale di Séoul, all’Arcivescovo di Kawngju e a tutti gli altri vesco­vi del Paese.

Prima avevo molto pregato la santa Vergine, chiedendoLe di non scri­vere che ciò che Ella desiderava.

Scrissi questa «Lettera circolare all’Episcopato» dapprima in francese; la feci tradurre dal miglior traduttore del Paese, il professor Martin Ahn Ung-Tyol. Aggiunsi, all’invio di questa lettera, i più recenti messaggi, il li­bretto dei messaggi precedenti e alcune fotografie.

In questo modo, ogni vescovo avrebbe potuto avere in mano una sinte­si dei fatti e sarebbe stato maggiormente in grado di prendere parte allo scambio di vedute della prossima riunione dell’episcopato, a riguardo del­le lacrime della statua di Naju.

Tuttavia il parroco di Naju mi fece sapere, nel novembre 1988, in oc­casione della mia visita a Naju, che l’Arcivescovo aveva formulato questa intenzione: «A proposito delle lacrime della statua, prenderò le decisioni io stesso, indipendentemente dall’episcopato».

Non ci resta che pregare di più, circondare la Vergine che piange di un amore sempre più grande, perché questo amore ottenga il più rapidamente possibile l’approvazione, l’autorizzazione desiderata.

Possa la Vergine avere il più presto possibile il suo «Santuario di pel­legrinaggio».

Sarà allora il primo nel Paese. Sarà il santuario che ricorderà ai cristia­ni di Corea e del mondo che la Vergine ha visitato anche i suoi figli del piccolo Paese, il più lontano e il più isolato dell’Asia.

Ed è di qui che lei parla al mondo tutto.

In effetti, in occasione della visita di don Stefano Gobbi nella Co­rea del Sud, nel settembre 1987, la Vergine comunicò, a Séoul, il 27 set­tembre, un messaggio dove si può leggere:

«Da ciò che sta accadendo qui, tutta la Chiesa deve comprendere che la presenza della Madre è indispensabile per il suo rinnovamento spirituale… … Io voglio benedire la Corea, terra amata di amore, di predilezione dal mio Cuore immacolato, e tutte le nazioni del continente asiatico e del mon­do intero».

 

Sabato 26 agosto, ore 8,40

Ero stato a Naju l’ultima volta all’inizio dell’ottobre 1988. La Vergine non versava lacrime.

Avevo visto le sue lacrime per la quarta volta il sabato 21 maggio 1988. Ero andato a Naju con la sig.ra Madre-Rose Touret, di Bruxelles… Avevo potuto vedere le lacrime il 18 agosto 1987, come primo testi­mone; 1’8 dicembre 1987, con il rev.mo padre René Laurentin e più di 500 pellegrini…; infine il 4 febbraio 1988.

I mesi passavano. Desideravo recarmi a Naju; a motivo della debolez­za dei miei occhi, non potevo fare il viaggio da solo. Chi poteva condur­mi, era impegnato nei lavori di riparazione della nostra casa.

Poi, per tutto il mese di luglio, ebbi la visita di un caro amico, padre Carlo Cantone, professore all’Università Pontificia Salesiana di Roma. Ero veramente desolato di tanto ritardo nell’andare ad inginocchiarmi davanti alla statua della Vergine, che aveva già versato tante lacrime dal 30 giugno 1985.

Alla fine si fissò il viaggio con Dina, una nostra ausiliaria; sono dieci anni che lei lavora nella nostra Opera per i più diseredati. La data stabili­ta le si adattava bene, perché venerdì 25 agosto era l’anniversario della morte di sua mamma. Lei andava a raggiungere i suoi per commemorare detto anniversario, che si sarebbe tenuto a Kwangju, che dista mezz’ora di auto da Naju.

Decisi di fare un pellegrinaggio di tre giorni per riparare alla mia lun­ga assenza.

Giovedì 24 agosto, Dina ed io arrivammo verso le 14,15 davanti alla statua… Pregammo a lungo.

Verso sera, Dina si recò da una delle sue sorelle a Kwangju; io invece andai al convento delle suore Oblate dell’Assunzione, pure a Kwangju. La mattina di venerdì 25 agosto ritornai presso la statua della Vergine e vi trascorsi tutta la giornata.

Ci furono ovviamente delle interruzioni: cristiani che mi chiedevano di parlare della Vergine, il pranzo a casa di Mia, l’incontro con padre Ry Laz­zaro, parroco della parrocchia del Santo Rosario, da cui dipende Julia e per conseguenza… la statua che versa lacrime.

Il parroco venne a dirmi questo: « … Nel giugno scorso, come sapete, ero andato agli esercizi, con il nostro Arcivescovo (quello dell’Arcidiocesi di Kwangju) e tutti i sacerdoti della nostra diocesi, nella casa di ritiro “Aaron” (ad Anyang, il villaggio dei lebbrosi). Il mercoledì ero stato a farvi visita a casa vostra. Venerdì, ultimo giorno degli esercizi, nel pomeriggio, un grup­po di nostri sacerdoti desiderava che vi fosse un incontro di tutti i religiosi. Questo gruppo voleva che “si parlasse della Vergine che piange a Naju”. Erano i sacerdoti “maldisposti verso i fatti di Naju”.

L’Arcivescovo, di proposito, si era ritirato, lasciando la direzione della riunione al suo supplente; vi fu uno scambio di idee, ma senza progresso. L’Arcivescovo ritornò per dichiarare: “Il fatto delle lacrime è innegabile; troppe persone lo hanno constatato. 1 libretti di p. Spies? Lasciateli circo­lare. Io m’informo e controllo tutto con cura. Non si può impedire ai pel­legrini di andare a pregare davanti alla statua”».

Padre Ry spiega: «I sacerdoti “sfavorevoli” volevano che s’interdices­se la diffusione dei libretti e che s’impedisse alla gente di andare a prega­re davanti alla statua». Io gli posi questa domanda: «Come si dividono i sacerdoti della diocesi riguardo alla statua della Vergine che piange?». La sua risposta fu: «La maggioranza è favorevole, un gruppo è indifferente e un altro è ostile». «Quest’ultimo gruppo rappresenta un buon numero di sa­cerdoti?». «No, sono un piccolo numero».

Per la verità, mons. Victorino Youn, non ha mai mostrato del sospetto, dell’opposizione ai «fatti di Naju», tanto meno ha mai espresso pareri sfa­vorevoli, al contrario.

Il 5 febbraio 1989, convocato padre Ry Lazzaro, gli disse: «Io credo fortemente alle lacrime.., io riconosco la veracità delle lacrime.., presso Ju­lia, non vi è mai stata deviazione…».

Dopo la mia conversazione con il parroco, mi recai con Julia di nuovo al­la sala della Vergine. Anche un buon numero di cristiani venne a pregare. Al momento di ripartire, con Julia mi avvicinai alla statua della Vergi­ne. Julia mi mostrò qualche segno delle lacrime di sangue, che la Vergine aveva versato per più di tre ore, nel pomeriggio di mercoledì 5 luglio, a partire dalle 15,15. Quel giorno era la festa di sant’Andrea Kim Tae-Kon. Perché non vi era che qualche segno delle lacrime di sangue? Una don­na, venuta qualche giorno dopo, si era permessa, senza alcuna autorizza­zione, di «cancellare tutte le tracce di lacrime di sangue» con il suo fazzo­letto, probabilmente inzuppato di acqua. Julia arrivò nel momento in cui ella terminava la sua deplorevole azione. Julia la rimproverò e si fece da­re il fazzoletto, con l’intenzione di consegnarmelo perché fosse conserva­to più accuratamente; Julia mi diede poi questo fazzoletto.

Al momento di lasciare Julia, le dissi: «Forse domani la Vergine verse­rà lacrime per mostrarci il suo dolore… »; non dissi altro. Ma io avevo det­to molto di più alla Vergine da una settimana…

Alle sette di sera mi trovavo presso le suore Oblate dell’Assunzione. Ci eravamo accordati per la Messa dell’indomani, sabato 26 agosto, per le 9,15. Lasciai la mia camera verso le 9,10 per recarmi in sacrestia, allorché una suora venne a dirmi: «Padre, vi chiamano al telefono. La comunica­zione viene da Naju». Allorché presi il telefono, la comunicazione era sta­ta interrotta. Aspettai un momento, e subito mi venne in mente il pensiero: «Se mi telefonano a quest’ora, mentre a Naju si sa che io arriverò verso le 11, vuol dire che la Vergine versa lacrime…!».

Ero già molto emozionato allorché il telefono squillò nuovamente; era da Naju. Una voce ben nota, quella dell’ausiliario più vicino alla Vergine, quello che presta servizio tutti i giorni, Pak Lubino, mi diceva con voce tremante e piena di emozione: «Padre, dalle 8,40 di stamattina la Vergine versa lacrime di sangue». Gli risposi: «Appena terminata la Messa qui, ver­rò, e sarò presso la Vergine verso le 11 ».

Cominciando la Messa, annunciai l’impressionante notizia alle tre reli­giose presenti: due coreane, suor Giovanna e suor Ry (Lee) Lucia, ed una italiana, suor Gemma Rossi, rientrata tre giorni prima dall’Italia.

Si può immaginare la nostra emozione. La testimoniava la voce delle suore che leggevano i testi biblici della Messa.

Prima della Messa e dell’annuncio della «notizia», solo suor Giovanna mi aveva chiesto se poteva accompagnarmi a Naju. Dopo la messa, le tre suore partirono con me. Verso le 11,00 eravamo davanti alla statua della Vergine.

In quel momento eravamo in pochi. La Vergine aveva cessato di pian­gere. Si vedeva il deflusso delle lacrime di sangue sulle gote; una grossa goccia di sangue sotto il mento; la continuazione del deflusso dal lato de­stro, dal lato sinistro del petto, sotto la cintura, fino in basso. Dal lato de­stro, le lacrime di sangue erano colate in abbondanza, andando a cadere sul primo centrino che circonda il piede della statua, lasciandovi una grande macchia di sangue. Attraversando il centrino, le lacrime erano penetrate nella tovaglia che copriva tutto il fondo della nicchia. Si vedeva una gran­de macchia di sangue lunga almeno dieci centimetri e larga, al centro, cir­ca sette centimetri. Inoltre delle lacrime erano come zampillate, schizzate fuori dagli occhi cadendo a 12-15 centimetri, davanti alla base della statua.

Le persone, mentre osservavano quest’abbondante effusione di lacrime di sangue, restavano col fiato sospeso. Tutte parlavano a voce molto bas­sa, come in un soffio quasi inudibile. E fu così per l’intera giornata.

Io passai quasi due ore davanti alla statua della Vergine. Le suore Obla­te erano alla mia destra. Julia era venuta ad inginocchiarsi alla mia sinistra. Mi disse: «La Vergine vi darà un messaggio…». Come? Oggi, 29 agosto, per telefono, mi ha detto: «… questo messaggio, lei ve lo può dare tramite una voce interiore…».

(Apro qui una parentesi importante. Sono le 10,40 del mattino del 29 agosto. Ho ripreso quest’esposizione da circa dieci minuti. Prima di mettermi al lavoro, ho discusso diversi punti con Julia al telefono. La pri­ma cosa che lei ha detto è stata: «Padre, dalle 8,25 di stamane la Vergine versa lacrime naturali». Oggi è martedì 29 agosto, commemorazione del martirio di san Giovanni Battista. Nei giorni 26, 27, 28, 29 agosto 1987 erano colate lacrime naturali dagli occhi della Vergine di Naju).

In base al programma prestabilito, dovevo lasciare la sala della Vergi­ne a mezzogiorno per recarmi a Séoul. Telefonai a Dina, la nostra ausilia­ria, che si trovava a Kwangju, dalla sorella. Lei poté concordare una par­tenza successiva, in aereo, alle 19,45 di sera. Dovevo assolutamente esse­re ad Anyang per la domenica, e raggiungere la mia parrocchia di campa­gna, a Ha-ou-hyon. Questo mi consentì di trascorrere tutto il pomeriggio ai piedi della Vergine.

Gabriele, l’abituale fotografo… della Vergine da quattro anni a questa parte, cuore che la Vergine aveva attirato a Dio e a sé con le sue lacrime, era anche lui profondamente scosso. Lui, così vivace, esuberante le altre volte, sembrava sconvolto: non parlava che… in un soffio.

Senza dirmi niente e per farmi una sorpresa, verso mezzogiorno e mez­zo, senza pranzare, partì in taxi per Kwangju. Era di ritorno alle quattro meno un quarto. Aveva fatto sviluppare la pellicola delle foto prese nella mattinata; me le offrì tutte, erano ben riuscite. Io le riguardo sovente; che sofferenza vedere il volto così afflitto della Vergine Maria coperto di lacri­me di sangue, la tovaglia con la grande macchia di sangue…

Verso le quattro, cominciò la preparazione di una ripresa filmata della durata di un’ora. Sono anni che speravo di preparare una simile ripresa fil­mata. Gabriele possiede da poco un apparecchio del tutto nuovo (Sony-Ni­kon) per riprese cinematografiche con registratore. I cristiani del vicinato erano stati avvisati. Si trattava di riprendere, per un tempo prolungato e senza cambiare di posto, il volto e i vari posti dove si trovavano essiccate le lacrime di sangue. Quanto alle riprese, avevo spiegato a Gabriele ciò che desideravo. Egli fece il possibile per accontentarmi. Il più profondo silen­zio regnava nella sala-cappella.

Durante le riprese furono recitati due Rosari, lentamente. Alla fine i cri­stiani recitarono la preghiera di san Bernardo alla Vergine e l’orazione. E per finire tre strofe di un canto alla Vergine (1). È un canto fiammingo che ha come titolo: «O Maria, die daar staat: o Maria tu che sei qui, tu sei buo­na, io sono cattivo, vuoi tu guarire la mia povera anima? lo ti canterò un’Ave Maria».

Nel 1963, quando ero professore, avevo insegnato questo canto agli studenti di filosofia; uno dei giovani, un poeta, aveva scritto il testo coreano. Il canto è nel libro dei canti della Chiesa di Corea.

(Se questa ripresa filmata sarà sufficientemente ben riuscita, farò in mo­do che venga diffusa in Corea e nel mondo. Permetterà di recitare il Ro­sario contemplando il volto in lacrime della vergine Maria, di unirsi ai suoi dolori, di riparare con Lei…

Ho già ordinato quaranta copie di questa ripresa. So già che si esauri­ranno rapidamente e che si dovrà rifarne altre di continuo. Io le invierò an­che all’estero).

Eravamo una ventina di persone all’inizio del primo Rosario. Poco a poco altre persone si aggiunsero a noi. Alla fine del secondo Rosario era­vamo circa 45 persone. Regnò sempre il più profondo silenzio…

Il capo dei cristiani del luogo, su invito di Julia, si era inginocchiato da­vanti, al centro, proprio di fronte alla statua. Altri uomini si erano ingi­nocchiati, seduti sui talloni, ai suoi lati. Dietro c’erano le altre persone. Il capo dei cristiani, di oltre 70 anni di età, dirigeva la preghiera con gravità tutta orientale. Si avvertiva che era profondamente emozionato: sono or­mai quattro anni che la Vergine piange nel «settore di cui è responsabile di fronte alla parrocchia».

Ed io pensavo: «La Vergine, qui a qualche passo da noi, ha mostrato il suo immenso dolore. Sono comparse le lacrime… Lei piange per tutti i suoi figli della terra… E noi non siamo che pochi… Nemmeno una decina allor­ché arrivai; una ventina all’inizio del rosario… una quarantina alla fine… E la Vergine ha… egualmente mostrato il suo dolore… Così poche persone, pregando insieme, possono ugualmente avere tanta forza d’intercessione per riparare i peccati del mondo…?».

E pensavo ai pochi pastori presenti alla grotta di Betlemme, ai tre Ma­gi d’Oriente e ai loro servitori, alle poche persone, tra cui Maria…, presenti presso la croce di Gesù…

E scrissi queste righe… Le invierò un po’ dovunque, le farò tradurre an­che in coreano.

Mercoledì, 30 agosto 1989

Avevo scritto poco sopra che la statua della Vergine aveva ricomin­ciato a versare lacrime ieri, martedì 29, a partire dalle 8,25 circa del mat­tino.

Ieri sera, e oggi verso mezzogiorno, telefonai a Julia. Mi disse «che la Vergine continuava a piangere… che lei (Julia) era andata a pregare alle 3 del mattino del 29, davanti alla statua… che aveva visto, per la durata di 35-40 minuti, in estasi, la Vergine che teneva il bambino Gesù in braccio…, che lei (Julia) non aveva mai visto il volto della Madonna così triste, co­me anche il volto di Gesù: piangevano tutti e due». Julia aggiunse che lei stava scrivendo la relazione su questo fatto per poi inviarmela… e che quel­la sera (29) la Vergine piangeva ancora.

Sembra che «qualcosa di ben doloroso» si prepari per la Corea, così la­cerata da tanto odio…

Il Congresso Eucaristico?…

 

Venerdì, 13 ottobre 1989

In questo giorno, con padre Louis Bosmans, suor Adelina Langlois e Dina You, mi recai in treno a Naju.

Padre Louis Bosmans, attualmente parroco in Canada, era stato con me nello scolasticato dei padri Salesiani in Belgio. Grazie ad un articolo che avevo scritto sulla Vergine che piange a Naju, apparso sulla rivista maria­na Stella Maris (Stella del Mare), egli poté prendere contatto con me. Ar­rivò da noi il 3 ottobre, per il Congresso Eucaristico che si teneva a Séoul dal 5 all’8 ottobre, e anche per recarsi con me presso la Vergine a Naju.

Suor Adelina Langlois (81 anni), missionaria in Giappone dal 1949, era arrivata da noi il 29 settembre. Come ogni anno, era venuta ad aiutarci nei lavori di ufficio; io la conoscevo dal 1956.

Dina è una delle nostre ausiliarie. All’età di dodici anni era già stata mia parrocchiana a Noktong, piccolo porto di mare a cinque minuti di barca dall’isola di Sorokto, l’isola dei lebbrosi. Dal 1979, lei lavora con noi. Per due volte ha visto le lacrime della Vergine a Naju.

Insieme lasciammo Séoul, in treno, alle 9,05 del mattino. Scesi a Kwangju verso le 13,00, verso le 14,00 arrivammo davanti alla statua del­la Vergine a Naju.

Vi erano parecchie persone nella cappella della Vergine. Avevo appena cominciato a pregare che una religiosa, fattasi vicino, mi pregò di parlare della Vergine di Naju a una decina di coreane, che vivevano negli Stati Uniti ed erano venute per il Congresso Eucaristico. Mi appartai con loro in una saletta vicina per spiegare «la storia della statua»; non sapevano nulla al ri­guardo, salvo che una statua della Vergine versava lacrime in Corea. Lasciarono la cappella della Vergine verso le 15,00.

In quel momento giunse Julia: era sfinita per le sofferenze fisiche, che sopporta senza posa; si prestò di buon grado per le foto sollecitate dai pel­legrini.

Recitammo un rosario.

Verso le 17,00 padre Louis Bosmans, suor Adelina ed io ci ritirammo in un’altra sala vicina alla cappella. È la sala dove i pellegrini possono ve­dere le riprese filmate sulla Vergine che versa lacrime. In questa sala pos­sono anche riunirsi e consumare i loro pasti.

Noi guardammo la prima ripresa filmata, quella del luglio 1985. Pak Lubino, «vero servitore» della Vergine, di servizio tutti i giorni presso la statua, ci mostrò un film.

Verso le 17,40 egli lasciò la sala, ma ritornò pochi istanti dopo tutto emozionato, per dirmi: «La Vergine piange». Subito ci recammo in cap­pella. In effetti la Vergine versava lacrime.

Muti, emozionati, ciascuno guardava il volto della Vergine… Le lacri­me colavano lentamente.

Come responsabile della cappella e della diffusione dei messaggi, pre­si la statua fra le mani perché ognuno dei presenti potesse vedere da vici­no il volto in lacrime della Vergine.

In quel momento si aggiunsero al nostro piccolo gruppo due uomini, uno cattolico (Pietro Tchwe Tong-Rim) di Kwangju, l’altro, suo compagno, non cristiano. Tutti e due erano venuti a salutarci. Pietro Tchwe era emo­zionatissimo nel vedere la Vergine piangere.

Proposi al gruppo di recitare il rosario e invitai Pietro Tchwe a diriger­ne la recita; cosa che egli fece subito. Durante la recita la sua voce risuo­nava piena d’emozione; sembrava farsi forza per trattenere le lacrime.

Finito il rosario, i presenti guardarono di nuovo le lacrime. Erano la­crime naturali che colavano e si mescolavano ai «resti» delle lacrime di sangue, versate il 26 agosto e rimaste visibili sul volto, e tutta la statua.

Padre Louis Bosmans, suor Adelina ed io dovevamo trovarci almeno per le 19,00 al convento delle suore Assunzioniste di Kwangju! Le lacrime della Vergine ci trattennero, ed arrivammo dalle suore con un’ora di ri­tardo. Vi era fra loro la Superiora generale, suor Georgette, l’Assistente ge­nerale, suor Paul-Bernardette; la Superiora locale è suor Christiane-Marie. Vi era anche una suora italiana, suor Gemma, che aveva visto le lacrime della Vergine due volte, il 21 maggio 1988 e il 26 agosto 1989. Grande fu l’emozione delle suore nell’ascoltare il nostro racconto.

Debbo aggiungere un piccolo dettaglio: fu Pietro Tchwe a condurci con la sua auto dalle suore. Prima di lasciare la cappella, egli mi aveva fatto questa domanda: «Qual è il senso delle lacrime della Vergine? …». Io gli ri­sposi e gli diedi il libretto dei messaggi in coreano e l’opuscolo sulla Ver­gine che piange.

Mentre ci portava dalle suore Assunzioniste, egli mi raccontò come era venuto a conoscenza della Vergine di Naju. In breve, ecco ciò che mi dis­se: «… lo sono nativo di Naju. Vi ho vissuto prima di stabilirmi a Kwang­ju. Sono farmacista e ho una farmacia in questa città. Sono stato battezza­to nel 1981. Sono in relazione con un buon numero di sacerdoti. Cinque mesi fa un sacerdote coreano della diocesi m’invitò ad andare negli Stati Uniti con lui; accettai. Fu lì che per la prima volta intesi parlare della Ver­gine di Naju, trovandomi fra coreani cattolici che vivevano negli Stati Uni­ti. Al mio ritorno a Kwangju, ne parlai a vari sacerdoti coreani; essi non sapevano che dirmi…! Oggi sono andato a Mokpo (una grande città a cir­ca 100 km. a sud di Kwangju) col mio amico. Al ritorno sentii che mi pren­deva il sonno; allora ci fermammo a riposare ai bordi della strada. Mi ri­tornò insistente il pensiero di andare a vedere la Vergine di Naju: mi sen­tivo come spinto. Seguii l’ispirazione. Quale non fu il mio stupore nel ve­dere le lacrime della Vergine e nell’apprendere che erano cominciate po­chi istanti prima… Io ne parlerò ai sacerdoti… Sento che la Vergine vuole che io testimoni per lei…».

L’incoraggiai a seguire l’ispirazione di testimoniare per la Vergine.

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